
Permessi 104, anche con le prove dell'investigatore il licenziamento è illegittimo -cittapaese.it
La Suprema Corte chiarisce i limiti delle indagini aziendali e ribadisce il diritto di difesa nei procedimenti disciplinari.
Il licenziamento di un dipendente accusato di aver abusato dei permessi 104 non può reggere in tribunale se l’azienda nasconde i risultati delle indagini private durante la fase disciplinare. A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 24558/2025, destinata a diventare un punto di riferimento per i rapporti tra datore e lavoratore. Il principio è chiaro: senza l’accesso al report investigativo, il dipendente non può difendersi e il provvedimento di recesso risulta nullo.
Il caso dei detective privati e il vizio della procedura
La vicenda nasce in un’azienda del nord Italia, dove un dipendente usufruiva dei permessi previsti dalla legge 104 per assistere i genitori non autosufficienti. I vertici aziendali, sospettando un utilizzo scorretto delle agevolazioni, decisero di affidarsi a un’agenzia investigativa. I detective pedinarono l’uomo, documentando spostamenti e attività svolte al di fuori dell’orario d’ufficio.

Dai materiali raccolti, l’impresa trasse le basi per un licenziamento per giusta causa, convinta di avere prove solide. Eppure, durante il procedimento disciplinare, il report dei detective non venne mostrato al lavoratore. Nonostante le richieste di visionarlo, l’azienda lo rese disponibile solo in tribunale, a processo iniziato. Questo comportamento, già segnalato dal dipendente, si trasformò in un punto decisivo della causa. I giudici di merito avevano già dichiarato illegittimo il recesso, ordinando il reintegro e il pagamento di 12 mensilità. La Cassazione ha confermato questa linea, evidenziando che l’azienda aveva violato un principio basilare: la contestazione disciplinare deve contenere fatti dettagliati e accessibili al dipendente, affinché possa organizzare una difesa effettiva. Senza la possibilità di leggere la relazione investigativa, il lavoratore era stato privato di un diritto tutelato dallo Statuto dei lavoratori e dai contratti collettivi.
La decisione della Cassazione e le nuove garanzie per i lavoratori
Nella motivazione, la Corte ha sottolineato che non basta esibire prove al giudice. Devono essere rese note già nella fase preliminare, quando il lavoratore è chiamato a rispondere alla contestazione. Non farlo significa alterare l’equilibrio del procedimento e rendere inefficace il licenziamento. Il quadro si è aggravato per l’azienda anche su altri fronti. Non è stata prodotta documentazione certa sull’autorizzazione dei detective privati a svolgere l’attività di sorveglianza, circostanza che ha indebolito il valore probatorio del materiale raccolto. In più, l’impresa non aveva pianificato con precisione la gestione dei permessi 104 insieme al dipendente, lasciando margini di flessibilità che non potevano trasformarsi in colpa a carico del lavoratore.
La Cassazione ha ricordato che l’assistenza ai familiari disabili non deve essere intesa in senso rigido: può assumere forme dirette e indirette, come recarsi a comprare farmaci, organizzare la spesa o garantire supporto anche nelle ore serali. Pretendere una presenza costante accanto al familiare sarebbe contrario allo spirito della legge. La sentenza offre quindi un’indicazione forte: se un datore di lavoro decide di usare investigatori privati per verificare presunti abusi, deve consegnare subito il report al dipendente e non nasconderlo fino alla fase processuale. In mancanza, il licenziamento diventa automaticamente illegittimo, indipendentemente dalla gravità dell’eventuale condotta contestata.