Le bottiglie di plastica cambiano di nuovo - cittapaese.it
Una direttiva europea introduce nuovi standard nella produzione di imballaggi in PET, riducendo l’uso di plastica vergine e favorendo la transizione verso un’economia circolare.
Le bottiglie di plastica vendute nei Paesi dell’Unione europea non saranno più le stesse. Dopo l’introduzione del tappo non rimovibile, la nuova normativa comunitaria impone che ogni contenitore in PET dovrà essere realizzato con almeno il 25% di plastica riciclata. Una modifica che anticipa l’obiettivo fissato per il 2030, quando la quota salirà al 30%. L’iniziativa rientra in una strategia più ampia per ridurre la produzione di plastica vergine, abbattere le emissioni di gas serra e contenere l’impatto delle microplastiche, particelle che invadono mari, suoli e catene alimentari. Per i consumatori, i cambiamenti potrebbero tradursi in bottiglie con tonalità leggermente differenti, a volte tendenti al giallo o al grigio, ma senza compromessi sulla sicurezza alimentare e sulla funzionalità. Le aziende produttrici saranno chiamate a riconvertire i processi, investendo in nuove tecnologie per garantire la stessa qualità di sempre.
Le nuove direttive e l’impatto sul settore del packaging
La direttiva europea che introduce l’obbligo di plastica riciclata nelle bottiglie di PET non riguarda solo la composizione dei contenitori, ma interviene sull’intera filiera industriale. Per i produttori si aprono sfide tecniche: reperire materia prima riciclata di qualità sufficiente, assicurare la resistenza del packaging e mantenere alti standard di igiene. Nonostante i dubbi di alcune associazioni industriali, i test confermano che l’utilizzo di plastica riciclata non compromette la qualità. Le bottiglie ottenute con materiale rigenerato mantengono le stesse proprietà di quelle realizzate con polimeri vergini. L’unico elemento percepibile dal consumatore sarà una variazione cromatica, considerata accettabile in nome della sostenibilità.

Secondo i dati dell’European Environment Agency, circa il 40% della plastica prodotta nell’UE è destinata agli imballaggi. Ridurre la quota di plastica vergine significa tagliare la domanda di risorse fossili e abbattere i costi ambientali. In Italia, dove la produzione di bottiglie in PET rappresenta una parte importante del mercato, le aziende hanno già avviato la riconversione delle linee produttive. Il nodo principale resta la disponibilità di plastica riciclata certificata, che dovrà crescere per soddisfare la domanda. La filiera del riciclo diventa così centrale per rispettare i tempi e applicare le nuove regole.
Benefici ambientali e lotta alle microplastiche
La trasformazione delle bottiglie di plastica punta a combattere la diffusione delle microplastiche, particelle che derivano dalla frammentazione dei rifiuti e finiscono in oceani, fiumi e aria. Studi scientifici mostrano che possono accumularsi negli organismi viventi, con effetti ancora in fase di valutazione sulla salute umana. Ridurre la produzione di plastica vergine significa limitare i rifiuti che, dispersi nell’ambiente, contribuiscono al problema. L’obbligo del 25% di materiale riciclato non basta da solo, ma rappresenta un passo concreto verso un modello più sostenibile. Un ulteriore vantaggio atteso è la riduzione delle emissioni di gas serra, grazie alla minore estrazione di petrolio e alla diminuzione dei processi industriali collegati.
Per i consumatori, la differenza sarà minima, ma dietro questa modifica c’è una scelta politica e ambientale di ampio respiro. Bottiglie più scure o velate diventeranno il simbolo di una transizione che mette al centro la responsabilità collettiva. In Italia e negli altri Stati membri la capacità di applicare la direttiva sarà decisiva. Le associazioni ambientaliste guardano con favore a questa svolta, considerandola un tassello importante nella lotta al cambiamento climatico e alla crisi dei rifiuti. Ora l’attenzione è rivolta al traguardo del 2030, quando la quota di plastica riciclata dovrà crescere ulteriormente.
