
Pensione 5 anni prima, con la nuova proposta INPS è possibile: come funziona - cittapaese.it
La misura che consente l’uscita anticipata dal lavoro è valida fino al 31 dicembre 2025, ma comporta tagli importanti sull’assegno e regole restrittive.
Ancora pochi mesi per sfruttare la possibilità di andare in pensione anticipata anche di 5 anni rispetto all’età ordinaria. La quota 103, introdotta con proroga fino al 31 dicembre 2025, non sarà più disponibile dal 2026. Il governo valuta l’ipotesi di sostituirla con una nuova formula, la cosiddetta quota 41 flessibile, ma si tratta di un progetto ancora da inserire nella Legge di Bilancio e privo di certezze. Per ora l’unica cosa chiara è che chi vuole approfittare della misura ha tempo fino a fine 2025. Un’occasione che consente di lasciare il lavoro prima dei 67 anni, ma accettando condizioni non sempre vantaggiose.
Come funziona la quota 103 e quali sono le penalizzazioni
La quota 103 permette di andare in pensione già a 62 anni con almeno 41 anni di contributi. In cambio, però, l’INPS richiede al lavoratore di accettare il calcolo contributivo dell’assegno, più penalizzante rispetto al sistema retributivo o misto. Il meccanismo è chiaro: l’importo viene calcolato solo sui contributi effettivamente versati, rivalutati all’inflazione e moltiplicati per dei coefficienti di trasformazione. Più si esce giovani, meno favorevoli sono i coefficienti. Il risultato è un assegno più basso, con riduzioni che possono superare il 30% rispetto a quanto spettante restando fino all’età ordinaria.

Le penalizzazioni non si fermano al calcolo. L’assegno di quota 103 non può superare le quattro volte il trattamento minimo Inps, fissato annualmente. Inoltre, c’è un divieto di cumulo: chi percepisce questa pensione non può lavorare, né da dipendente né come autonomo. L’unica eccezione è il lavoro autonomo occasionale, ma con un limite massimo di 5.000 euro annui. In pratica, chi sceglie quota 103 deve accettare due rinunce pesanti: un assegno più basso e l’impossibilità di integrare la pensione con altri redditi.
Chi rischia di perdere di più e perché la misura è considerata sfavorevole
Il sistema si rivela particolarmente penalizzante per chi ha una carriera contributiva lunga e stabile già prima del 1995. In questi casi, infatti, il calcolo retributivo fino al 2011 risulterebbe molto più vantaggioso. Con la quota 103, invece, gran parte della pensione viene ricalcolata con il contributivo, determinando perdite consistenti. Per chi rientra in questa categoria, il confronto è evidente: rinunciare al sistema retributivo significa ridurre in modo sensibile l’importo della pensione pur guadagnando qualche anno di anticipo. Non a caso molti lavoratori con più di 18 anni di contributi al 1995 trovano la misura poco conveniente.
Restano, però, casi in cui la quota 103 diventa una scelta possibile: chi ha carriere discontinue, chi ha bisogno urgente di uscire dal lavoro o chi ritiene sostenibile un assegno ridotto in cambio di 5 anni di libertà in più. La partita politica resta aperta: il 2026 potrebbe segnare la fine definitiva della quota 103 e l’arrivo di nuove formule di pensionamento. Fino ad allora, i lavoratori interessati dovranno valutare con attenzione pro e contro di una misura che, pur garantendo anticipo, comporta sacrifici economici e limiti severi.