Tari, nessuna esenzione automatica per le chiese: la decisione spetta ai Comuni

La questione se la Chiesa e gli altri luoghi di culto debbano essere soggetti al pagamento della tassa sui rifiuti (TARI) continua a suscitare dibattiti tra enti locali e realtà religiose. A fornire un chiarimento decisivo è intervenuto il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) con la Risoluzione 1/DF del 15 settembre 2025, che ha approfondito le condizioni in cui si applica il tributo ai luoghi di culto.

La normativa sulla Tari e i luoghi di culto: cosa prevede il MEF

Secondo la risposta ufficiale del MEF, non esiste una norma nazionale che stabilisca un’esenzione automatica per le Chiese o per gli altri edifici adibiti al culto. La normativa vigente sulla Tari non contempla espressamente questa categoria tra quelle esentate dal tributo. Le esenzioni previste dalla legge si riferiscono a casi specifici come abitazioni con un solo occupante, immobili ad uso stagionale o fabbricati rurali ad uso abitativo, ma non includono i luoghi di culto.

Tuttavia, il Ministero chiarisce che sono i Comuni, attraverso i regolamenti locali, a poter decidere se concedere esenzioni o riduzioni per i luoghi di culto. Questo perché, per natura e destinazione d’uso, tali edifici solitamente producono una quantità di rifiuti limitata, rendendo ragionevole una possibile agevolazione. In assenza di una previsione regolamentare comunale, però, le Chiese e gli edifici di culto restano soggetti al pagamento della Tari.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione

La posizione espressa dal MEF trova conferma nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, che ha più volte ribadito come l’esenzione dal pagamento della tassa sui rifiuti non possa essere automaticamente riconosciuta per un immobile solo in base alla sua destinazione religiosa.

Con l’ordinanza n. 38984 del 7 dicembre 2021, la Cassazione ha precisato che l’esclusione degli edifici di culto dal calcolo della tassa è giustificata solo quando questi siano effettivamente “incapaci di produrre rifiuti in misura significativa”, a causa delle loro caratteristiche e dell’uso specifico a cui sono destinati. Di conseguenza, la semplice destinazione a luogo di culto non è sufficiente per ottenere l’esenzione, che deve essere invece valutata in base all’effettivo impatto ambientale e produttivo di rifiuti.

Agevolazioni tributarie per enti religiosi: chiarimenti sull’IRES e il patrimonio immobiliare

Accanto al tema della Tari, gli enti religiosi si confrontano anche con le questioni fiscali relative all’imposta sul reddito delle società (IRES) e al trattamento fiscale del patrimonio immobiliare.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, attraverso chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate, specifica che gli enti religiosi civilmente riconosciuti possono beneficiare di una riduzione dell’aliquota IRES, pari al 50% di quella ordinaria (attualmente al 24%). Tale agevolazione si applica alle attività istituzionali di religione e culto, purché svolte senza fini di lucro e nel rispetto delle normative vigenti.

In particolare, il regime fiscale agevolato riguarda anche gli immobili utilizzati esclusivamente per l’esercizio del culto, indipendentemente dalla categoria catastale attribuita. La giurisprudenza conferma che non è necessario che un immobile sia classificato catastalmente come “E/7” per essere considerato destinato al culto ai fini fiscali, purché la destinazione d’uso sia effettiva e conforme alle normative.

Le Entrate hanno inoltre precisato che le attività commerciali svolte in modo non prevalente e strumentale ai fini religiosi possono, in via eccezionale, rientrare nelle agevolazioni previste, a condizione che mantengano un rapporto immediato e diretto con le finalità di culto.

Il ruolo cruciale dei regolamenti comunali

L’aspetto fondamentale che emerge dalla risoluzione del MEF e dalla giurisprudenza è che la decisione finale sull’esenzione o meno dalla Tari spetta ai Comuni, che devono valutare l’effettiva produzione di rifiuti da parte dei luoghi di culto e decidere in base ai principi di proporzionalità, congruità e al criterio europeo “chi inquina paga”.

In assenza di una specifica previsione regolamentare, quindi, anche gli enti ecclesiastici sono tenuti a versare la tassa, nonostante la loro natura particolare e la limitata produzione di rifiuti. Questo comporta un invito ai Comuni a valutare con attenzione ogni singolo caso, adottando regolamenti che possano prevedere esenzioni o riduzioni laddove giustificate.

Published by
Roberto Torcolacci