
Riforma pensioni 2026, proprio ora cambia tutto - cittapaese.it
La riforma delle pensioni 2026 cambia le regole: addio Quota 103, ritorna Opzione Donna e arriva il pensionamento a 64 anni.
Il governo ha messo sul tavolo una revisione profonda del sistema previdenziale che entrerà in vigore con la prossima Legge di Bilancio 2026. Le nuove misure puntano a garantire maggiore sostenibilità, ma anche una flessibilità che finora era rimasta incompleta. I tre punti chiave riguardano l’età di uscita a 58, 62 e 64 anni, con differenze importanti a seconda delle carriere e della contribuzione accumulata.
Il ritorno di Opzione Donna e la cancellazione di Quota 103
La prima novità riguarda la conferma, in forma potenziata, di Opzione Donna. Dopo mesi di incertezza e ipotesi di chiusura, l’esecutivo ha deciso di rilanciare una misura che storicamente aveva incontrato il favore di molte lavoratrici. L’idea è quella di tornare alle condizioni iniziali: 58 anni di età e 35 anni di contributi per le dipendenti, 59 anni per le autonome. Non ci saranno più i vincoli introdotti negli ultimi anni che limitavano l’accesso solo a caregiver, invalide o lavoratrici coinvolte in crisi aziendali. Il calcolo dell’assegno resterà su base contributiva, quindi con importi più bassi rispetto al sistema retributivo, ma la platea di chi potrà fare domanda diventerà molto più ampia. Resta confermato che i requisiti anagrafici e contributivi dovranno essere maturati entro il 31 dicembre dell’anno precedente la domanda.

Parallelamente, la misura di Quota 103 – che consentiva l’uscita con 62 anni e 41 di contributi – sarà eliminata a partire dal 2026. I dati raccolti in questi mesi hanno mostrato una scarsa adesione, legata anche alle penalizzazioni economiche troppo pesanti, con assegni ridotti fino al 30%. La scelta del governo è quindi quella di chiudere definitivamente questa strada e concentrare le risorse su strumenti più utilizzati. Sul piano politico, la mossa rappresenta un segnale di discontinuità rispetto alle riforme precedenti. Il messaggio è chiaro: le misure devono essere praticabili e sostenibili, non solo annunciate. In questa direzione, l’esecutivo sta lavorando a un quadro normativo che punti su meno vincoli e maggiore equilibrio tra previdenza pubblica e previdenza integrativa.
La soglia dei 62 e 64 anni: nuove regole e maggiore flessibilità
La seconda direttrice della riforma riguarda i 62 anni di età. Dal 2026 verrà introdotta la cosiddetta Quota 41 flessibile, che permetterà l’uscita con 62 anni e 41 anni di contributi. La novità sta nel sistema di penalizzazioni: sparisce il rigido ricalcolo contributivo, sostituito da un taglio lineare del 2% per ogni anno di anticipo rispetto all’età ordinaria, fino a un massimo del 10%. Questo cambiamento rende l’opzione più accessibile e meno punitiva per chi decide di lasciare prima il lavoro. La vera svolta, però, riguarda i 64 anni. Finora questa possibilità era riservata solo ai lavoratori interamente contributivi, cioè chi ha iniziato a versare dopo il 1995. Con la riforma, la platea si allargherà: sarà possibile uscire con 64 anni e almeno 20 di contributi, a condizione che l’assegno maturato raggiunga almeno tre volte l’importo dell’assegno sociale.
Per molti lavoratori discontinui o con carriere brevi, questa soglia resta difficile da raggiungere. Per questo la riforma introduce un meccanismo nuovo: l’utilizzo del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) trasformato in rendita mensile, o in alternativa l’attivazione di una rendita derivante da fondi di previdenza complementare. In questo modo, la pensione pubblica viene integrata da risorse private, garantendo stabilità e importi più dignitosi.
Il modello a cui si guarda è quello di un sistema integrato, che unisce obbligatorio e complementare. Non più due mondi separati, ma un’unica piattaforma di uscita flessibile che consente di pianificare con più libertà il pensionamento. Una prospettiva che, se approvata, segnerà una discontinuità storica con il passato e cambierà in modo significativo il rapporto tra lavoratori e previdenza. Il dibattito politico e sindacale resta aperto, ma il governo punta ad approvare le nuove regole già con la prossima manovra. La sfida sarà trovare un equilibrio tra sostenibilità finanziaria e diritto a un pensionamento dignitoso, in un Paese dove l’età media della popolazione continua a crescere.