
Quali sono le città con canoni di affitto più costosi - cittapaese.it
Il mercato delle locazioni continua a correre: sempre più famiglie e studenti scelgono l’affitto, ma i canoni pesano fino al 65% dello stipendio.
Nel secondo trimestre 2025 il canone medio annuo di locazione in Italia è aumentato del 5,3% rispetto all’anno precedente, raggiungendo un volume complessivo di 1,9 miliardi di euro. È quanto emerge dai dati dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate (Omi), che fotografa un settore sempre più vivace ma anche caratterizzato da costi in crescita e forte pressione sulla domanda. Le case affittate hanno sfiorato le 238mila unità, in aumento dell’1,5% sul 2024, spinte soprattutto dai contratti transitori (+8%) e da quelli a canone concordato o agevolato per studenti.
Roma e Milano al centro del mercato
L’anno del Giubileo ha reso Roma la città più dinamica sul fronte degli affitti: i contratti transitori sono cresciuti del 16% e i canoni risultano più alti di quasi un terzo rispetto al 2024, soprattutto per locazioni brevi e stanze agli studenti fuori sede. A Milano si registra un boom dei contratti a canone concordato (+95%) e della formula agevolata per universitari, con valori che consolidano il primato del capoluogo lombardo come città più cara d’Italia.

Un’analisi di Immobiliare.it Insights conferma come il Nord-Ovest sia la zona più costosa: in media un monolocale costa 732 euro al mese, un bilocale 952 euro e un trilocale supera i 1.250 euro. Nel Centro i monolocali hanno prezzi simili al Nord, mentre i trilocali si fermano a 1.053 euro. Nel Sud e nelle Isole, invece, i trilocali si attestano intorno ai 700 euro, meno di un monolocale nelle aree settentrionali. Anche le rilevazioni di Idealista mostrano un incremento: ad agosto 2025 il prezzo medio degli affitti ha raggiunto 14,9 euro al metro quadro, in crescita di cinque punti sull’anno precedente. I rialzi più forti sono stati registrati in Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta. Tra i capoluoghi spiccano Firenze (+1,7%), Torino e Bologna, mentre Milano si conferma la più cara con 23 euro/mq.
Prospettive per il 2026 e il peso sul reddito
Le previsioni non lasciano intravedere un rallentamento: secondo le stime di Immobiliare.it Insights, il prezzo medio salirà fino a 15,5 euro/mq entro metà 2026, con incrementi attesi soprattutto a Palermo, Torino e Firenze (dove i valori arriveranno a 22,8 euro/mq). Le cause dei rincari sono legate principalmente alla carenza di offerta e a una domanda sempre più elevata. Un rapporto di Scenari Immobiliari segnala che a inizio anno erano circa 4 milioni gli italiani in cerca di un alloggio in affitto, con particolare difficoltà nelle città turistiche e universitarie. Al tempo stesso, l’Istat calcola che le case sfitte siano quasi 10 milioni, di cui 6 milioni potenzialmente immettibili sul mercato se riqualificate.
Il peso degli affitti sul reddito resta elevato: secondo Cna, un operaio può arrivare a spendere il 43,7% dello stipendio netto per il canone, quota che in città come Milano, Firenze, Roma e Bologna supera il 65%. Un dato che incide anche sulla mobilità lavorativa, rendendo più difficile trasferirsi per studio o per impiego. Un fenomeno di lungo periodo riguarda anche le nuove generazioni, che rinunciano all’acquisto della casa: il 65% degli inquilini under 35 vorrebbe una proprietà, ma ritiene impossibile ottenerla per salari bassi e contratti precari. Crescono così le formule alternative come il cohousing.
Per sostenere inquilini e famiglie restano attivi diversi bonus affitto, dalle detrazioni fiscali per contratti a canone libero e concordato agli incentivi per giovani, studenti fuori sede e lavoratori trasferiti. Il governo ha rifinanziato con 30 milioni il fondo morosità 2025-26, mentre i Comuni offrono ulteriori misure locali. Per i proprietari sono previsti sgravi fiscali al 50% per lavori di riqualificazione energetica sugli immobili destinati alla locazione. Il mercato delle locazioni italiane appare quindi sempre più centrale, spinto dalla domanda ma frenato da un’offerta insufficiente, con prospettive di crescita dei prezzi almeno fino al 2026 e un impatto diretto sul reddito disponibile delle famiglie.