
Si può mangiare il cibo fritto a dieta? - cittapaese.it
Il dibattito sull’uso della frittura nelle diete contemporanee è quindi ricco di sfumature e richiede un approccio consapevole, basato sulla qualità.
La questione del consumo di fritto in una dieta equilibrata resta uno degli argomenti più discussi nel campo della nutrizione.
Recenti approfondimenti e studi scientifici hanno reso più chiara la posizione di esperti come il dottor Loreto Nemi, specialista in bioterapia nutrizionale, che sfatano molti dei falsi miti legati alla frittura.
Frittura e dieta: un binomio possibile se rispettate le regole
La frittura, tecnica di cottura millenaria, non deve essere necessariamente vista come un nemico della salute o della linea. Secondo il dottor Nemi, infatti, a meno che non si soffra di particolari patologie epatiche o pancreatiche, il consumo di alimenti fritti può non solo essere compatibile con una dieta, ma anche portare benefici metabolici.
Un pasto che include una frittura di qualità può stimolare il fegato e accelerare il metabolismo, a patto che vengano rispettate alcune regole fondamentali, tra cui la scelta dell’olio e la temperatura di cottura, nonché l’equilibrio complessivo del pasto.
L’importanza della combinazione degli alimenti e della qualità degli ingredienti è cruciale: la frittura deve essere inserita in modo bilanciato all’interno di un pasto variegato, per evitare effetti indesiderati. Inoltre, il dottor Nemi sottolinea che non bisogna limitarsi a contare le calorie, ma considerare anche la risposta ormonale prodotta dagli alimenti nell’organismo, un concetto cardine della bioterapia nutrizionale, che sfrutta il potere farmacologico degli alimenti per riequilibrare funzioni organiche.
L’olio extra vergine d’oliva: il protagonista della frittura salutare
La scelta dell’olio è uno degli aspetti più importanti per una frittura sana. L’olio extravergine d’oliva è considerato il migliore per friggere grazie al suo elevato contenuto di acidi grassi monoinsaturi e tocoferoli, potenti antiossidanti che garantiscono una maggiore stabilità anche ad alte temperature.
A differenza di altri oli vegetali ottenuti da semi come girasole, mais o arachidi, che richiedono processi chimici e possono contenere grassi idrogenati dannosi, l’olio extravergine d’oliva è estratto mediante spremitura meccanica, preservandone la qualità e la purezza.

Anche l’olio di arachidi biologico può essere utilizzato per friggere, ma solo se prodotto senza l’uso di solventi chimici. Il punto di fumo dell’olio extravergine d’oliva si aggira intorno ai 180°C, limite oltre il quale si possono formare sostanze tossiche come l’acroleina, responsabile di irritazioni e potenziali rischi oncologici. Per questo motivo, è fondamentale mantenere la temperatura costante e non superare mai il punto di fumo durante la frittura.
Tecniche corrette per una frittura salutare
Oltre alla qualità dell’olio, è importante seguire alcune semplici ma essenziali regole per garantire una frittura salutare. L’alimento da friggere deve essere asciutto, a temperatura ambiente e non salato prima della cottura, per evitare che perda la croccantezza. È consigliabile utilizzare recipienti in acciaio o il wok, evitando padelle in alluminio, rame o ferro, che possono alterare la qualità del cibo.
Un’altra buona pratica è asciugare gli alimenti fritti su carta paglia, preferendo questa alla carta assorbente tradizionale, che può rilasciare sostanze chimiche. Inoltre, l’olio deve essere usato con moderazione: non deve impregnare eccessivamente il cibo, e il suo riutilizzo deve essere limitato, filtrando accuratamente e sostituendo almeno il 20% dell’olio ad ogni utilizzo.
Il dottor Nemi evidenzia che un fritto preparato in casa con questi accorgimenti è molto più digeribile rispetto a cotture diverse, perché l’alta temperatura crea una barriera lipidica che impedisce la penetrazione eccessiva di grassi.
Durante la frittura si formano anche amidi resistenti, parzialmente non digeribili, che possono contribuire a ridurre il carico glicemico, come confermato da uno studio pubblicato sul Journal of Medicinal Food nel 2011.