
Viterbo, “la decrescita infelice”, un fondo di “solidarietà sociale” e buoni pasto, due priorità da chiarire e risolvere
Ci ha assicurato l’assessore comunale ai servizi sociali Sberna che il problema buoni pasto sarebbe stato risolto per quello che concerne tutte le 3 mila richieste giunte in comune: siamo sicuri che la giovane assessora stia lavorando in tal senso, ma ci sentiremmo più tranquilli per le fasce meno agiate che i buoni pasti venissero ri-finanziati da palazzo dei Priori anche per un nuovo giro allargato.
Il vero problema di Viterbo è quello delle nuove e vecchie povertà che vanno affrontate anche con la logica della creazione di un’economia, di nuovi posti di lavoro, una volta risolte almeno per i prossimi due tre mesi le prime necessità di approvvigionamento alimentare delle famiglie.
Ma con una disoccupazione record e senza prospettive il Comune non può esimersi, in clima di emergenza non ancora finita, di creare un fondo di solidarietà per senza lavoro, precari in bilico tra impiego e mancato rinnovo del contratto, giovani in cerca di prima occupazione ancora a 30 anni, categorie professionali a rischio.
In un periodo del genere non si può pensare di ridare fiato alla città mettendo solo qualche tavolino in piazza o creando un evento estivo per qualche decina di persone.
Ci vuole responsabilità, coraggio e programmazione, elementi indispensabili, o ce ne si ricorderà, oppure ogni discorso sarà vana e retorica (o interessata nel senso che fa gioco a qualche clan cittadino) utopia.
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