
E’ la macchina elettorale, oltre al centrodestra disunito, la vera grande sconfitta di questa tornata amministrativa. Che sarà ricordata oltre che per l’uscita di scena (perlomeno dalla scena consiliare) di un’intera classe dirigente, anche per ritardi e intoppi che hanno contrassegnato lo spoglio delle schede, ultimato solo a notte fonda. La giovane età di molti presidenti, nominati all’ultimo minuto per sostituire i rinunciatari, ha avuto certamente un peso sui rallentamenti, in parte dovuti anche alle schede contestate dai rappresentanti di lista. Di sicuro ha giocato un ruolo l’inutile e massacrante tour de force cui è stato costretto il personale dei seggi la notte precedente: nonostante il mancato raggiungimento del quorum, le schede referendarie sono state infatti lo stesso scrutinate, i verbali e la documentazione compilati e riconsegnati. L’attenuante della stanchezza e della scarsa lucidità va quindi concessa a presidenti, segretarie e scrutatori. Ma tant’è.
Il centrodestra esce con le ossa rotte dalle elezioni. Laura Allegrini, candidata di FdI, nonostante le due apparizioni giorgiane (nel senso di madonna Meloni) a Viterbo non raggiunge il 17%. Come consolazione il fatto che il suo sia oggi il primo partito della città con oltre il 14%. Disastroso il risultato della Lega: Ubertini si ferma poco sopra l’8% – e sotto la sorpresa Luisa Ciambella – mentre il partito di Salvini crolla dal 12,38% delle scorse comunali all’attuale 4,65. Per il senatùr Umberto Fusco è forse arrivata l’ora delle decisioni irrevocabili. Forza Italia paga sicuramente l’appannamento della stella Berlusconi ma anche la fuoriuscita dei dissidenti (Arena, Micci, Bigiotti e Lotti). Da primo partito del 2018 con il 13,99%, gli azzurri sono ridotti oggi a un ruolo di pura testimonianza con il 4% racimolato in condominio con Fondazione e Udc. E a proposito di stelle, ancora più rovinosa è stata la caduta di quelle grilline. Anche qui al tracollo nazionale, dovuto all’abiura di tutti i valori fondativi e alla leadership incolore di Conte, si somma il fattore locale, ovvero la riduzione di un movimento a partito di famiglia, quella dell’ex consigliere Massimo Erbetti. Finisce in modo inglorioso, infine, anche l’ultima incarnazione politica del brand Caffeina. Finisce con il misero 1,15% portato in dote alla Troncarelli da Barelli e dalla sua lista Viterbo sul serio (ma non troppo). (fonte massimiliano conti/corrierediviterbo.corr.it).
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